Luigi Gullo
Figlio di Fausto, deputato e dirigente del PCI meglio noto come il Ministro dei contadini, Luigi Gullo nacque a Cosenza il 1917. Trascorse la sua adolescenza e la sua giovinezza, dunque, durante il Ventennio, ma, non per questo, si allineò mai alle posizioni dei Fascisti. Il padre, infatti, di ferrea fede democratica e comunista, gli inculcò, fin da quando era bambino, i valori della libertà e del marxismo, dei quali egli, per tutta la sua vita, fu accanito sostenitore.
Conseguito il diploma di liceo classico, Luigi Gullo, si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza dell’Università statale di Milano, città dove aveva studiato ingegneria il suo omonimo nonno.
Laureatosi il 1939 con una tesi su un particolare ambito di applicazione dell’articolo 62 del Codice penale, si iscrisse alla facoltà di filosofia dell’Università di Napoli – dalla quale si congedò, laureato, un paio d’anni più tardi”, ma tornò a Cosenza. Qui prese ad esercitare, presso lo studio del padre, la professione forense, decidendo, però, di non occuparsi di cause di diritto civile per non essere costretto a difendere la proprietà privata.
Caduto il regime fascista e, dunque, reintrodotta la libertà di stampa, cominciò a collaborare con moltissimi giornali e riviste, sia di diritto sia di letteratura e filosofia.
Ancora molto giovane, partecipò ad importantissimi processi, tra cui quello per la strage di Villalba, in cui, come parte civile, difendeva il comunista Li Causi contro il boss della mafia Calogero Vizzini. Intanto cominciava ad impegnarsi attivamente in politica, riuscendo eletto, nelle liste del PCI, prima al consiglio comunale di Cosenza “dove rimase dal 1946 al 1960” e poi al provinciale, dove entrò nel 1956.
Nel 1963, infine, ottenendo un brillantissimo successo personale, e facendo conseguire al partito il quarto collegio in Calabria, venne eletto senatore. Componente della commissione giustizia, rimase a palazzo Madama una sola legislatura. Il partito, infatti, che andava assestandosi su posizioni più moderate di quelle del giovane Luigi Gullo e di suo padre, anche per colpire quest’ultimo, decise di non ricandidarlo.
Nel 1955, intanto, aveva cominciato le pubblicazioni di un mensile, Chiarezza, che, voce fuori dal coro, ha combattuto, avvalendosi di prestigiosissime firme, tra cui Concetto Marchesi, Jean Paul Sartre, Arturo Labriola, Tommaso Fiore e Renato Guttuso, importanti battaglie.
Luigi Gullo teneva moltissimo a questo giornale, per il quale spese le sue ultime forze: l’ultimo numero della terza serie, infatti, uscì nel luglio del 1998, pochi mesi prima della sua morte.
Ma tutte queste attività non indussero certo Luigi Gullo, divenuto, intanto, nel 1956, libero docente di diritto penale presso l’Università ‘ La Sapienza di Roma, a trascurare la libera professione. Al contrario, egli, lavorando con grandissimo impegno, ebbe un’attivissima vita professionale, partecipando, in più di cinquanta anni d’attività, ad oltre tremila processi, alcuni anche definibili, senza dubbio, storici; tra questi si possono ricordare, a semplice titolo di esempio, quello per la strage di piazza Fontana e quello per il rapimento del giovane Paul Ghetty jr.
Amante dei libri e della lettura – la sua biblioteca conta oltre 14.000 volumi, per la sua grande cultura e specchiata personalità, venne eletto, nel 1977, presidente dell’Accademia cosentina, storico istituto che, fondato da Aulo Giano Parrasio, ebbe tra i suoi soci anche il filosofo Bernardino Telesio. Più volte riconfermato, mantenne tale carica fino alla morte, sopraggiunta nel settembre del 1998.
Negli ultimi anni della sua vita videro la luce il romanzo autobiografico Conversazione a Macchia (edizioni Periferia, Cosenza), un altro romanzo, La famiglia Grande (stesso editore) e tre libricini (editi da Marco) su importanti questioni penalistiche. Il primo, dal titolo Delitto pena e storicismo, tratta, in un’ottica ispirata all’opera di Beccaria, il problema della carcerazione, cui l’avvocato Luigi Gullo era fermamente contrario.
Il secondo volumetto, al contrario, dal titolo Il pentitismo, è una lucida teoria contro il vergognoso uso che, in questi anni, si sta facendo dei collaboratori di giustizia. Vi è, infine, il terzo scritto, La prova penale, attraverso il quale Luigi Gullo si scaglia contro i processi indiziari, mediante i quali, senza una solida base di riscontri, troppo spesso innocenti vengono privati della libertà.
Sono anche da ricordare numerosi scritti di argomento giuridico, tra cui il primo, sull’articolo 62 del Codice penale, pubblicato a soli 23 anni, uno sulla Corte costituzionale, uno sul delitto di calunnia, uno sulla libertà di stampa ed il pamphlet Questioni penalistiche, oggi (ultimato poco prima di morire). Infine, ha curato una raccolta di sue arringhe (Arringhe, appunto, edito dallo stesso Periferia). L’uomo del mese, dal nome del corsivo che per 50 anni tenne sulla rivista Chiarezza, è, invece, la raccolta, uscita postuma, di alcuni di questi scritti, scelti da lui stesso nei mesi precedenti la sua scomparsa.
A seguire le orme di Luigi Gullo nell’avvocatura cosentina, operano oggi il figlio Fausto ed il nipote Luigi Gullo.